Passerotti senza nido


Nuova edizione per quest’opera d’esordio di Luigi Tatto, presentata il 5 dicembre al Museo Diocesano.

Durante la presentazione, interventi di Francesco Padovani (commento) e Nelso Salton (musica e letture), con proiezione di foto storiche e illustrazioni del testo.

“Passerotti senza nido”, opera d’esordio di Luigi Tatto, ha commosso intere generazioni di ragazzi e adulti, segnandone profondamente la memoria a partire dalla sua prima pubblicazione, nel 1958, a cura della Casa Editrice F.lli Fabbri. Finalista al premio nazionale Bancarellino, con una giuria di ragazzi da tutta Italia, fu ristampato nel 1986 dall’Istituto di Ricerche sociali e culturali di Belluno ed ora la Tipografia editrice DBS di Rasai ne ha approntato una nuova edizione con illustrazioni originali di Cristina Pocchiesa Cnò. Il testo sarà presentato giovedì 5 dicembre alle ore 20.30 presso il Museo Diocesano di Feltre con intervento critico di Francesco Padovani, letture e musiche di Nelso Salton, e videoproiezione di immagini storiche e delle illustrazioni realizzate per le varie edizioni dello stesso testo.

La storia, incentrata sulle vicende dolci-amare di cinque fratelli, appartenenti ad una famiglia contadina di un piccolo paese pedemontano, è fortemente radicata nelle esperienze biografiche dell’autore, anche se poi traslate in chiave narrativa su un piano più generale e metaforico. Il contesto di riferimento è Lasen, frazione di Feltre, posta a 530 metri di altitudine alle pendici del San Mauro: qui nacque Luigi Tatto il 5 marzo 1922, e vi trascorse l’infanzia e l’adolescenza, primo di quattro fratelli, sperimentando come i suoi coetanei la libertà di vivere a contatto con la natura, ma anche le dure fatiche dei lavori nei campi, della fienagione, dell’alpeggio in malga nei periodi estivi. Provò la tristezza di veder partire il padre emigrante in Africa e l’indicibile dolore della sua perdita, scivolando da una rupe mentre caricava fasci di fieno su di una teleferica. Incidenti questi che capitavano frequentemente a chi andava a lavorare sulle sorti segative, i terreni comunali affittati alle famiglie locali per ricavare fieno e legname.

Queste vicende, ampiamente condivise da tutti gli abitanti del paese, trovano un richiamo nel testo, sia pur modificate per evitare i riferimenti diretti. Ma nulla è frutto di pura invenzione. Ecco perché “Passerotti senza nido”, riletto sessant’anni dopo, acquista nuovo interesse, come testimonianza di un modo di vivere, di una cultura e civiltà ormai scomparsa da tempo: la storia di una comunità come tante alle pendici dei nostri monti che cercava di sopravvivere strappando con orgoglio e caparbietà le misere risorse offerte da un ambiente ostile, anche se così bello a vedersi. Di quel tempo resta forse il rimpianto per l’autenticità dei rapporti, la semplicità e la purezza dei sentimenti, la solidarietà fatta di piccoli gesti.

Un libro da far leggere ancora ai bambini di oggi come lezione storia e di vita, per ricordare loro come si è vissuti in passato nelle nostre zone, da dove si è venuti e magari chiedersi anche dove stiamo andando.